Ai giovani salentini,
nella speranza che sappiano valorizzare
il ricco patrimonio culturale della loro terra
e alla memoria di mia moglie Roberta,
che ha condiviso questa speranza
e operato con passione
perché diventasse realtà.
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Prefazione
Nel 1967 fui invitato dal mio professore di Fisica teorica, Niccolò Dallaporta, a trasferirmi da Padova a Lecce per partecipare alla grande avventura della fondazione della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali di quella Università, che era appena passata dallo status di Università privata, voluta dal Consorzio Ionico-Salentino, a quello di Università Statale.
Avevo messo su famiglia da pochi mesi, ma dopo una rapida consultazione con mia moglie, che si era appena trasferita a Padova col suo pianoforte a un quarto di coda dal nostro comune paese natale, Velletri nei Colli Albani, accettai con entusiasmo la proposta e a settembre del 1968 emigrammo a Lecce, con “armi e bagagli” compreso il succitato pianoforte, incuranti del coro di proteste dei numerosi amici veneti che ci rimproveravano di fare questo salto nel buio nel “profondo Sud”.
Appena arrivati ci demmo subito da fare per vedere un po’ dove eravamo finiti.
Lecce e il Salento ci apparvero subito come una vecchia signora, di chiare origini nobili, adagiata in un paesaggio stupendo, ma con i suoi sontuosi abiti di merletto un po’ rosicchiati dai topi e ricoperti di ragnatele.
Il girovagare nel centro storico della città ci fece scoprire tutta la magnificenza, anche se un po’ polverosa e abbandonata, del barocco, ma un giorno in una viuzza ci imbattemmo in una lapide, posta troppo in alto per essere vista facilmente e troppo oscurata dal tempo per essere letta chiaramente, che ci aprì un orizzonte impensabile, alternativo a quanto avevamo visto fino ad allora, quello del patrimonio scientifico di questa estrema parte orientale d’Italia.
Anche se di questo orizzonte si sono potute rilevare solo alcune evidenze, per altro notevoli, degli ultimi tre secoli, non è azzardato pensare che esso si estenda su un arco di tempo più ampio, che ha per estremi due matematici: Archita da Taranto, nel IV secolo avanti Cristo, considerato uno dei grandi matematici dell’antichità, ed Ennio De Giorgi, nel XX secolo, senz’altro uno dei più grandi matematici del Novecento.
E’ per me emozionante ricordare che il Comitato Tecnico ordinatore della Facoltà di Scienze, che ci propose il trasferimento, era composto proprio da Ennio De Giorgi, che insegnava a Pisa, da Niccolò Dallaporta, mio professore all’Università di Padova, e da Alberto Bonetti, dell’Università di Firenze.
La ricerca e la documentazione sul patrimonio scientifico salentino divenne subito per me uno dei passatempi preferiti, cui dedicare parte del tempo, poco in verità, lasciato libero dalle incombenze accademiche e familiari.
I risultati della ricerca divennero presto oggetto di brevi articoli sulla stampa locale e di conferenze presso scuole e circoli culturali, in cui cercavo di far apprezzare ai miei nuovi concittadini i tesori di un’eredità culturale sconosciuta ai più, non in contrapposizione ma ad arricchimento e completamento di un patrimonio che appariva sempre più non costituito di soli tesori artistici, architettonici e letterari, nella profonda convinzione che la Cultura è una e che la sua separazione in cultura umanistica e cultura scientifica risulta in un inevitabile suo impoverimento.
L’idea di questo libro è nata durante uno di questi incontri, avvenuto significativamente in uno di quelli che si potrebbero definire i templi dell’Umanesimo salentino, il Centro Studi “G. Comi” a Lucugnano.
E’ stato proprio al termine della mia conferenza su “Scienziati e sapere scientifico nel Salento dall’Ottocento al Novecento”, che i non numerosi ma qualificati ascoltatori presenti, quasi tutti “umanisti”, mi suggerirono di raccogliere in un libretto le “spigolature” che avevo loro illustrato, per fornire, soprattutto ai giovani, l’opportunità di scoprire anch’essi, quello che loro avevano scoperto e che tanto li aveva sorpresi ed entusiasmati.
E’ motivo di comprensibile orgoglio e soddisfazione che il risultato più importante di questo “bighellonare” tra le dimenticate emergenze del patrimonio scientifico salentino, sia stato quello di contribuire alla realizzazione del progetto di “Censimento e catalogazione delle collezioni scientifiche in Provincia di Lecce”, nell’ambito del grande Progetto Finalizzato “Beni Culturali” del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Il progetto, durato cinque anni, ha permesso di scoprire l’esistenza nelle scuole della Provincia di centinaia di apparecchi scientifici e di migliaia di preparati naturalistici, che costituiscono un tesoro di notevole importanza per la museologia scientifica e per la realizzazione di efficaci forme di didattica delle scienze che tengano conto del loro sviluppo storico.
Nel trattare i vari argomenti ho fatto ampio uso dell’inserimento di parti anche di una certa lunghezza dei testi citati, perché i volumi da cui sono tratti sono spesso difficilmente consultabili o perché piuttosto antichi o perché appartenenti all’editoria locale, con edizioni non sempre destinate alla vendita e spesso in numero di copie così limitato da esaurirsi con la distribuzione delle copie omaggio nel corso della presentazione al pubblico, con la conseguenza che spesso queste opere sono assenti anche presso le biblioteche pubbliche.
Naturalmente in tutti questi anni, oltre all’appassionato sostegno di mia moglie, che, docente di Educazione musicale, svolgeva analogo lavoro nel campo delle tradizioni popolari, e all’inconsapevole pazienza dei nostri tre figli, Emanuele Antonio e Francesco, nati a Lecce, cui certamente sottraevo una parte del tempo da dedicare loro, ho potuto godere dell’aiuto di tante persone, amici e colleghi o dirigenti e impiegati di scuole e biblioteche, che mi hanno fornito notizie e indicazioni o mi hanno facilitato la consultazione di libri e documenti. A loro, troppo numerosi per tentare di ricordarli tutti senza dimenticarne qualcuno, va il mio ringraziamento più sentito.
Debbo però ringraziare in modo particolare l’amico Ennio De Simone e mio figlio Antonio per la pazienza con cui hanno letto il manoscritto, suggerendomi correzioni e integrazioni, ma soprattutto per avermi spronato alla sua pubblicazione, né posso esimermi dal ringraziare l’Editore per la stima che mi ha sempre dimostrato.
Estratto:
A Lecce la prima lotta all’inquinamento elettromagnetico.
L’8 aprile 1868 il Sindaco Michele Lupinacci comunica al Candido che il Consiglio Municipale ha accettato la sua proposta per la rete di quattro orologi sincronizzati elettricamente. L’orologio motore e uno dei quadranti sarebbe stato collocato sul Sedile e altri tre quadranti sarebbero stati installati sul Liceo Palmieri, sulla Prefettura e sull’Ospedale dello Spirito Santo.
Si avviano quindi i lavori per l’orologio e il regolatore da sistemarsi sul Sedile e si presenta subito il problema dello stendimento dei fili elettrici per il collegamento con gli edifici su cui è prevista la collocazione degli altri tre quadranti. Infatti alcuni proprietari degli stabili interessati si rifiutano di far collocare le mensole per il sostegno dei fili.
Su incarico del Sindaco il Candido sottopone il problema al Prefetto, che, a sua volta, richiede il parere del Ministero dell’Interno e di quello dei Lavori Pubblici.
Il risultato di questa consultazione è che l’installazione degli orologi va considerata un’operazione di pubblica utilità e pertanto si può applicare la normativa già esistente per l’installazione dei telegrafi elettrici e dei lampioni dell’illuminazione pubblica, secondo cui i proprietari degli edifici interessati devono consentire l’installazione delle mensole che dovranno reggere i fili elettrici.
Ma se alcuni dei cittadini interessati danno di buon grado l’autorizzazione all’installazione delle mensole, come la Signora Felicita Gentile ved. Carrozzini, uno di essi si oppone tenacemente adducendo a motivo del suo rifiuto il possibile pericolo per la salute causato dal magnetismo indotto dalla corrente elettrica.
Quel cittadino non è una persona qualunque, ma il chimico Pasquale Greco, che è stato uno dei rappresentanti di Lecce alla VII Riunione degli Scienziati svoltasi nel 1845 a Napoli.
Ecco come risponde al Sindaco il 29 dicembre del 1869:
“… conoscendo purtroppo la forza elettro-magnetica, e la conducibilità de’ metalli in genere, non che l’affinità cui esercita l’elettrico del filo conduttore con quello dell’ambiente atmosferico, e quali danni possa accagionare agli edifizi, ne’ quali viene infisso; il sottoscritto si duole di non poter satisfare ai di Lei desideri d’apporsi al prospetto del suo palazzo i fili conduttori per l’orologio del Liceo…”.
E alla risposta del Sindaco così replica:
“Epperò è mio scopo soltanto, come con altra mia significai a V. S. di guarentire la salute di mia Famiglia, la quale paventa al solo nome di elettricità.”
Evidentemente la novità del progetto trova non preparate le autorità nei confronti di questo rifiuto, ma per non ritardarne lo sviluppo si decide di collocare provvisoriamente davanti alla casa del Greco un palo per sostenere i fili che per collegare il Sedile al quadrante posto sul Liceo Palmieri.
Dopo due anni, però, il problema non è stato ancora risolto e l’ 8 gennaio 1872 il Prefetto scrive alla Deputazione Provinciale chiedendo di togliere il palo, che crea notevole disagio alla circolazione e di installare la mensola nel muro dell’edificio del Greco, facendo notare che:
“… non pare che ora debba più tollerarsi, che per difetto dell’assenso di un solo che unico rimane restio, si debba vedere in perpetuo una deformità nazionale a danno della comodità dei cittadini ed a privilegiato riguardo di un solo”.
Nella sorprendente storia del rapporto di Lecce con l’elettricità, il rifiuto di Pasquale Greco può essere quindi considerato l’inizio di quella lotta all’inquinamento elettromagnetico esplosa in anni recenti, che costituirebbe quindi un altro primato di Lecce.
Postfazione
Sono passati quarantacinque anni dal quel fatidico 1967 in cui fu posta la prima pietra della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università di Lecce. Molto cammino è stato fatto da allora.
Dalle prime ricerche in fisica teorica e in matematica, cui si aggiunsero da subito i primi timidi esperimenti in fisica dei materiali, si passò allo studio delle applicazioni dei fasci di elettroni e dell’energia solare, organizzando nel 1978 a Castro la prima scuola estiva italiana sulle celle solari. Nel 1979 si aprì il campo di ricerche in biologia, con particolare attenzione alla biologia marina, e nel 1985 la sonda Giotto, che andò all’appuntamento con la cometa di Halley, portava un analizzatore di polvere costruito in collaborazione tra le Università di Lecce e di Bari.
Alla facoltà di Scienze si sono aggiunti la Facoltà di Ingegneria e alcuni istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Sono state organizzate decine di scuole estive e di convegni, che hanno fatto conoscere il Salento a centinaia di ricercatori italiani e stranieri.
Come messo in evidenza nel volume Per una storia della scienza e tecnologia nel Salento dall’Unità d’Italia ad oggi, recentemente pubblicato, il dinamico sviluppo dell’attività di ricerca ha oggi collocato il Salento nel panorama scientifico nazionale e internazionale in numerosi settori: dalla fisica teorica alla matematica, dalla biologia marina alla geofisica, dalla zoologia alla botanica, dalla fisica dell’atmosfera all’informatica, dall’energetica all’ingegneria dei materiali, dalle biotecnologie alle nanotecnologie, dall’ecologia alla fisiologia, dall’astronomia alla fisica cosmica, dalla chimica alla conservazione delle opere monumentali.
E’ stato ricostituito l’Orto Botanico ed è stato realizzato il Museo dell’Ambiente, che insieme al Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan” a Porto Cesareo e all’Osservatorio su Ecologia e Salute degli Ecosistemi Mediterranei a Otranto, costituiscono un efficace centro di riferimento per la formazione e l’educazione ambientali per tutta la collettività.
E non va dimenticato il notevole contributo dato allo sviluppo della didattica: molti degli insegnanti di discipline scientifiche nelle scuole salentine e di altre regioni si sono formati a Lecce.
Nel frattempo la Vecchia Signora si è rimessa in ghingheri. Ha scosso via dai suoi abiti la polvere e le ragnatele e ha ridato amido ai merletti, presentandosi nel pieno della sua nobiltà ai visitatori che, ogni anno più numerosi, vengono a trovarla da ogni parte del mondo.
Il futuro anche scientifico di questa parte d’Italia è molto promettente, nonostante le nubi di origine politica ed economica che sembrano addensarsi inesorabilmente sul mondo della scuola e della ricerca, ma sarebbe un grave errore trascurare il Barocco!
Livio Ruggiero – 2014