Gli appassionati di documentari sulla vita nel mare e, soprattutto, quanti si dedicano all’attività subacquea per osservarla e fotografarla rimangono senz’altro affascinati dall’incontro con degli strani animaletti, che assomigliano alle lumache senza conchiglia dei giardini, ma a differenza di queste hanno disegni e colorazioni fantastiche, ancora di più messe in evidenza dalla presenza, sui fianchi o sul dorso, di ciuffi di appendici che fluttuano nell’acqua contribuendo alla straordinaria eleganza di movimento dei loro proprietari.
Sono i nudibranchi, “lumache” marine come i Murici, le Cipree e i Coni che, a differenza di questi, hanno rinunciato alla conchiglia e respirano anche attraverso i ciuffi di appendici, dette papille.
I nudibranchi fanno parte dei molluschi Opistobranchi (da opisten = posteriore e branchion = branchie), una sottoclasse dei Molluschi Gasteropodi, cui appartengono appunto Murici, Cipree e Coni oltre a tanti altri dotati di conchiglia, che a loro volta costituiscono una delle classi del grande tipo dei Molluschi, che comprende anche i più noti Polpi, Calamari e Seppie.
Gli Opistobranchi hanno suscitato l’interesse scientifico di alcuni tra i più famosi biologi dell’Ottocento, anche italiani e tra questi due di particolare interesse per il nostro spigolare nel patrimonio scientifico salentino: Achille Costa, figlio di Oronzo Gabriele di cui abbiamo già parlato, e Salvatore Trinchese.
La biografia di Salvatore Trinchese, nato a Martano, in provincia di Lecce, nel 1836 e morto a Napoli nel 1897, è quella di un grande nel panorama della biologia ottocentesca. Infatti subito dopo la laurea in medicina, conseguita nel 1860 a Pisa dopo aver concluso brillantemente gli studi presso il Collegio S. Giuseppe di Lecce, egli ottenne una borsa di studio per il perfezionamento all’estero in scienze naturali che portò a termine a Parigi frequentando i più prestigiosi laboratori del momento.
Durante quel periodo egli definì i campi di ricerca cui avrebbe dedicato la sua attività futura e tra questi un posto preminente avrebbero avuto gli studi sulla struttura e la fisiologia dei Molluschi Gasteropodi con particolare attenzione agli Opistobranchi, tanto che Riccardo Cattaneo-Vietti così scrive nel volume celebrativo pubblicato nel 1989 a cura di Guido Cimino per conto della Biblioteca Civica di Martano:
“La ricerca scientifica di Salvatore Trinchese si intreccia indissolubilmente con la storia naturale di un poco conosciuto, ma interessante, gruppo di Molluschi: i Gasteropodi opistobranchi.
Chiamato alla direzione del Museo di Storia Naturale dell’Università di Genova nel 1865 in qualità di professore straordinario, inizia in questa città ad occuparsi di questi Molluschi marini che, con la collaborazione di Clemente Biasi, raccoglie lungo le scogliere della costa genovese. Trasferitosi prima a Bologna e successivamente presso l’Università napoletana, continua a studiare questo gruppo praticamente fino alla morte…
L’attenzione di Trinchese si rivolge a quegli Opistobranchi che presentano sul dorso una serie di papille, chiamate cerata, nelle quali spesso si inseriscono i diverticoli epatici e che talvolta hanno anche funzione respiratoria. Questo sottogruppo, allora genericamente riunito sotto il nome di Eolididi, è formato da almeno due diversi ordini di Opistobranchi, gli Ascoglossa e i Nudibranchia.”
Nelle sue ricerche sulla struttura dei vari organi dei molluschi e sulle loro funzioni Trinchese sfrutta sapientemente la sue notevoli doti di microscopista, ma non trascura i problemi riguardanti la classificazione, giungendo a proporre nuovi generi e nuove specie, alcuni dei quali hanno ricevuto conferma dagli studi successivi.
Per sottolineare la grande importanza degli studi condotti da Trinchese così continua Cattaneo-Vietti:
“In alcuni suoi lavori vengono anche riportate informazioni sulla frequenza delle varie specie in determinate aree (ad esempio lungo il litorale genovese); e ciò è molto importante per comprendere come si è modificata la situazione ambientale negli ultimi cent’anni lungo le coste mediterranee per effetto dell’antropizzazione del litorale. Molte specie segnalate da Trinchese sono diventate oggi rare, probabilmente a causa delle modificazioni avvenute nell’orizzonte superiore del piano infralitorale, come già mise in evidenza Haefelfinger (1963).…
Purtroppo il fatto che abbia pubblicato in lingua italiana è stato un serio impedimento alla diffusione e comprensione della sua opera.”
I risultati di 25 anni di ricerche condotte da Trinchese sui molluschi tra Genova e Napoli sono contenuti in 46 pubblicazioni, e l’opera principale porta il titolo Aeolididae e famiglie affini del porto di Genova, illustrata con 115 tavole prevalentemente a colori fatte di sua mano, pubblicata in due parti nel 1877 e nel 1881, che conseguì il premio reale dell’Accademia dei Lincei (alcune sono riportate di seguito).
Per comprendere la passione da lui posta nello studio di questi Molluschi basta leggere come lui si rivolge al lettore della sua opera:
“I naturalisti che studiarono prima di me l’interessante famiglia delle Aeolididae, o non si curarono di rappresentarle o le rappresentarono in modo rozzo e infedele. Se si eccettuano alcuni schizzi veramente belli di C. Semper e di Alder e Hanckoc, si può affermare, senza pericolo di dare nell’esagerato, che tutte le figure di Aeolididae pubblicate dai miei predecessori sono affatto inutili. Si desiderano in esse quei caratteri di forma e di colore che guidano con sicurezza il naturalista nel riconoscere le specie. Per mettere in evidenza siffatti caratteri, ho rappresentato uno o due individui di ogni specie come li vedevo osservandoli col microscopio binoculare di Nachet. Tenendo presenti le mie figure, il mio inserviente determina le specie colla sicurezza d’un zoologo provetto. Ciò nonostante, esse non si possono dire veramente belle, poiché non ritraggono con pari fedeltà i colori. L’azzurro di queste creature è zaffiro orientale, il giallo è oro di coppella e il bianco neve intatta ripercossa dai raggi del sole. I loro colori hanno un non so che di vivo, di animato, di luminoso che noi non possiamo ritrarre fedelmente colle smorte tinte delle nostre tavolozze. I colori delle farfalle e delle paradisee sono certamente splendidi, ma non hanno il fascino di quelli veduti attraverso un velo d’acqua salata.
Le Aeolididae pur ora tolte dal mare, sono una delle più splendide manifestazioni del bello; ma tenute in cattività negli acquari, perdono in breve la vivacità dei loro colori.”……..
(estratto da Non solo Barocco)
Ai giorni nostri la possibilità di portare sott’acqua attrezzature fotografiche sofisticate, corredate di obiettivi e lenti specifiche, consente ai fotografi subacquei la documentazione fedele della straordinaria bellezza delle varie specie di nudibranchi presenti nei siti di immersione. Abbiamo perciò la possibilità di comprendere ed apprezzare lo straordinario lavoro di Salvatore Trinchese direttamente sul campo.
Nel Mediterraneo si conoscono 272 specie di nudibranchi, molte delle quali descritte solo negli ultimi decenni. Ancora oggi se ne scoprono di nuove e si rivedono le classificazioni grazie soprattutto all’utilizzo delle tecniche di analisi molecolare.
La ricerca e la documentazione degli opistobranchi salentini sta diventando sempre più una delle attività preferite dai membri dell’Associazione Culturale Salento Sommerso. Negli anni abbiamo documentato la presenza di parecchie decine di specie già note e segnalato altre di cui non se conosceva ancora la presenza nelle nostre acque (sono in preparazione alcuni lavori al riguardo che pubblicheremo a breve su riviste specializzate del settore).
Ma quali sono le caratteristiche che rendono così affascinanti questi straordinari animaletti?
T.E.Thompson scrisse che “Gli opistobranchi stanno ai molluschi come le orchidee alle angiosperme e le farfalle agli artropodi”
A differenza di molti dei loro viscidi omologhi terrestri i nudibranchi sono creature incredibilmente belle! Se si ha la fortuna di avvistarne uno mentre striscia sul fondo o abbarbicato su qualche cespuglio di idrozoi, basta osservarlo per qualche minuto per capire perché molti scienziati e fotografi subacquei sono affascinati da queste creature delicate e graziose, non a caso definite le farfalle del mare.
I nudibranchi sono molluschi gasteropodi, appartengono cioè allo stesso phylum che comprende molte conchiglie che si possono rinvenire lungo le spiaggie dopo una mareggiata. Contrariamente a queste, però, i nudibranchi hanno evoluto un aspetto del corpo molto diverso in quanto il loro stile di vita non richiede più di circondarsi di un guscio protettivo, come vedremo più avanti. Il corpo è morbido e carnoso, si muovono facendo leva su un lungo piede muscolare (in modo simile alle lumache di terra) ed hanno delle appendici cefaliche dette rinofori che usano con funzione tattile e per percepire segnali chimici dall’ambiente circostante.
Alcuni nudibranchi hanno sulla schiena, verso la zona posteriore del corpo, un folto gruppo di branchie che usano per la respirazione e che possono essere ritratte (Doridini). Altri hanno strutture tentacolari su tutto il corpo, sempre esposte, dette cerata, che sono utilizzate sia per la respirazione che per la difesa e che contengono anche rami del tratto digestivo (Aeolidini).
Vivono sui fondali di tutto il mondo sotto la zona intertidale, da pochi centimetri dalla superficie fino a 15-20 metri ed oltre. Scivolano usando il loro piede muscolare su sedimenti, alghe, rocce, spugne, coralli e altri substrati, spesso adottando colorazioni e textures simili a quelle di tali substrati al fine di ottenere una mimetizzazione molto efficace. Se si tiene conto poi che per quasi tutte le specie mediterranee le dimensioni sono dell’ordine del cm, è evidente che si richiede al fotografo ed al naturalista che li cercano un grande spirito di osservazione ed una pazienza infinita.
I nudibranchi sono carnivori e si nutrono di ogni sorta di creature (idroidi, tunicati, spugne, anemoni, solo per citarne alcuni) e talvolta anche di altri nudibranchi. All’interno dell’apparato boccale hanno una particolare struttura dentata, chiamata radula, specializzata per un certo tipo di alimento, che ne costituisce un importante elemento di differenziazione (anche se a volte non sufficiente per una corretta classificazione tassonomica).
Poiché i nudibranchi non hanno guscio protettivo, hanno bisogno di altri tipi di protezione dai potenziali predatori. Essi adottano varie strategie: alcuni si mimetizzano perfettamente con il substrato, altri al contrario esibiscono colori molto vivaci e ben visibili ai predatori per avvertirli della loro tossicità (colorazione aposematica). Quest’ultima è così efficiente che viene adottata anche da molti vermi piatti come i Platelminti che, ad una prima occhiata, possono essere scambiati per nudibranchi (la forma del corpo però svela immediatamente che si tratta di un travestimento).
Alcuni nudibranchi possono anche secernere sostanze chimiche tossiche o acide quando sono disturbati. Gli Aeolidini poi, che si nutrono di cnidari, un gruppo che comprende anemoni, coralli e idroidi, hanno sviluppato un’altra incredibile abilità. Gli cnidari posseggono speciali cellule urticanti a forma di arpione, dette nematocisti, che utilizzano a scopo difensivo. I nudibranchi Aeolidini riescono a cibarsene senza causare l’attivazione delle nematocisti per poi trasferirle fino alle punte dei cerata dove, conservandole in apposite strutture dette cnidosacchi, diventano un efficace meccanismo di difesa acquisito.
I nudibranchi sono tutti ermafroditi simultanei, possiedono cioè sia gli organi riproduttivi maschili che femminili, con le aperture genitali sul lato destro. In certi periodi non è raro assistere a fecondazioni incrociate che portano al rilascio di masse di uova, di solito a forma di spirale o di nastri arrotolati, generalmente deposte in prossimità o direttamente sull’animale di cui si nutrono.
I loro cicli vitali sono legati a vari fattori ambientali tra cui la temperatura dell’acqua e, ovviamente, la disponibilità del loro alimento preferito ma, seppur con una grande variabilità, è possibile incontrare qualche esemplare delle varie specie durante tutto l’anno. II titolo di presenzialista spetta alla Peltodoris atromaculata o vacchetta di mare, facilmente visibile sulla spugna Petrosia ficiformis di cui si nutre avidamente. Nel coralligeno, in grotta e in tutti gli ambienti in cui vi è la spugna ospite, questo nudibranco è una presenza pressochè costante.
Per individuare buona parte degli altri nudibranchi è indispensabile adottare una filosofia di immersione da naturalisti, in cui l’osservazione minuziosa di ogni centimetro quadrato di fondale è il modus operandi più consono ed efficace. Il premio che si riceve, però, è l’osservazione nel loro habitat di alcune delle più spettacolari ed intriganti creature del mare, che non mancheranno di affascinare il subacqueo attento. E anche quando il manometro imperiosamente lo costringerà a risalire in superficie, non vedrà l’ora di tornare sott’acqua per godere ancora una volta di una delle più splendide manifestazioni del bello, per dirla con le parole del grande Salvatore Trinchese.
Domenico Licchelli, Livio Ruggiero – 2014
Per saperne di più:
- Non solo barocco. Spigolando tra personaggi e fatti di scienza salentini – Livio Ruggiero
- Nudibranchi del Mediterraneo – Egidio Trainito, Mauro Doneddu