E’ la strada delle meraviglie e delle mille cascate e degli immensi ghiacciai e dei fiordi scoscesi a picco sull’Atlantico. E’ la linea del viaggio attraverso paure, smarrimenti e tante scoperte. Intorno a distese sconfinate di lave e detriti la malinconia danza sfrenata, ma presto diviene bellezza struggente, liberata dalla natura dei quattro elementi. Non mi ero mai reso così conto della mia fisicità e della sua perfetta fusione con l’aria dei venti del Nord, il fuoco vomitato dalle oscure viscere del Pianeta, l’acqua rabbiosa e cristallina e la terra grigia, tormentata, punteggiata da strani fiori di seta bianca. Bellissimi e primordiali. I minuscoli villaggi sono colorati di rosso e di blu per sfidare il tedio dei lunghi e oscuri giorni d’inverno, li abitano pochi uomini e molti animali o avventurosi pescatori con i volti rugosi e gli occhi protesi oltre le antiche leggende nordiche. Prevale l’essenzialità delle cose: poche, ciò che veramente serve per vivere, ma tutte le case offrono immagini e storie di famiglie segnate da sorrisi e pianti, da allegrie tinte da cieli azzurri e nuvole minacciose, piccole finestre ornate con muschi e licheni, tetti di torba, profumo di tundra e di zolfo e l’oceano misterioso e profondo che schiaffeggia spiagge solitarie di ciotoli neri. Lì respiri il nulla, su quelle distese dove solo le onde si fanno sentire e regalano al nulla loro compagno legni bianchi levigati da tanti mari e intrisi di altri cieli stellati. Siamo vicini al Circolo Polare Artico, intorno ai 66°N, ed una strana sensazione mi pervade: mi siedo su una roccia deformata dalla potenza del fuoco e incorruttibile al tempo. L’orizzonte è pieno di coni vulcanici, il suolo ha i colori dell’inferno e il sole, bassissimo, cerca di spargere la sua diafana luce senza calore sull’intero paesaggio, preceduto da lunghissimi cirri stirati da correnti impetuose. Solo i geyser avvertono che tutto vive, ma sembra davvero un mondo alieno, surreale. Guardo a Sud e sento di essere in cima al mondo di sempre: rivedo vicende e persone che conosco, le storie dette e quelle mai dette, amici, città, alberi e mari d’estate, voci di strada e lamenti di giorni qualsiasi, amori, litigi, sprazzi di luci e di gioia capitate per caso, corse di bambini e urla di rabbia, e le mie stelle affogate nella nebbia e… Silenzio…un interminabile, infinito, liberatorio Silenzio… Solo i venti, appena sbrigliati dalle catene celesti, prima di impazzire e precipitare verso il resto del mondo, accompagnano i lievi sussulti della mia anima nuda. Follia e quiete.
Non tornare più indietro…
Claudio Bottari – 2014