Per la prima volta su una cometa Fin dall’antichità gli uomini sono stati affascinati e terrorizzati dalle comete. Questi corpi celesti suscitavano paura e, tranne rare eccezioni, come la nascita di Cristo, venivano considerate portatrici di sventure. Curiosamente si riteneva che le sventure fossero dirette a persone benestanti come i re, gli imperatori, i principi e i papi. “Quando muoiono mendicanti non si vedono comete” scrisse Shakespeare nel “Giulio Cesare”. Di tanto in tanto questi oggetti, che risiedono agli estremi confini del Sistema Solare, vengono a farci visita offrendoci uno spettacolo bellissimo. Quando si avvicinano al Sole liberano gli elementi volatili in essi contenuti creando la chioma, un’atmosfera gassosa e polverosa che circonda il nucleo cometario, e due code: una coda di plasma, di colore azzurrognolo, formata da un flusso di ioni che lasciano la chioma e vengono accelerati in direzione opposta al Sole e una coda di polvere, di colore giallognolo, costituita invece da una scia di polvere. La forma delle code è determinata da un effetto combinato tra la pressione di radiazione solare e il moto orbitale. La coda di ioni ha generalmente una forma rettilinea in quando è costituita da particelle di gas che vengono accelerate a velocità maggiori e pertanto non risentono del moto orbitale. La coda di polveri acquisisce invece una caratteristica forma arcuata a causa dell’influenza del moto orbitale sulle particelle in essa contenute. Talvolta si possono presentare delle strutture particolari in cui le varie particelle che lasciano la chioma vanno a formare un ventaglio di code. Questa struttura è dovuta alla presenza di particelle di diverse dimensioni e massa che pertanto risentono in maniera diversa della spinta della pressione di radiazione solare e dell’influenza del moto orbitale.
Per secoli le comete sono state osservate esclusivamente da Terra ad occhio nudo o attraverso l’utilizzo dei telescopi. A partire dalla fine del ventesimo secolo, grazie all’avvento delle sonde spaziali, la situazione è cambiata radicalmente. Da allora è stato possibile avvicinarsi alle comete ed osservarle da vicino. Nel 1985 la sonda della NASA chiamata International Cometary Explorer (ICE) passò per la prima volta attraverso la coda di una cometa, la 21P/Giacobini-Zinner, volando alla distanza di 7800 km dal nucleo. Soltanto un anno dopo, in occasione del ritorno della cometa di Halley nei nostri cieli (si tratta della cometa più famosa, battezzata così in onore di Edmund Halley che nel 1682 ne predisse la periodicità pari circa a 76 anni), un gruppo di sonde spaziali furono inviate per studiare la cometa da vicino tra cui due missioni russe (Vega-1 e Vega-2), due giapponesi (Sakigake e Suisei) e l’europea Giotto. Quest’ultima è arrivata più vicina rispetto alle altre sonde, volando ad una distanza di 600 km dalla cometa e inviando immagini dettagliate del suo nucleo. Grazie alla sonda Giotto si scoprì che le comete contengono molecole organiche complesse e che quindi possono aver contribuito a seminare la vita sulla Terra. Dopo l’incontro ravvicinato con la cometa di Halley, la sonda Giotto ha continuato il suo viaggio incontrando nel 1992 la cometa 26P/Grigg-Skjellerup.
Purtroppo la camera di Giotto era stata oscurata dalle polveri della cometa di Halley ma comunque è stato possibile osservare, seppur con maggiore difficoltà, il nucleo di quest’altra cometa passando alla distanza di 200 km da esso. Alla missione Giotto ne sono seguite altre come le sonde della NASA: Depp Space 1, Stardust e Deep Impact. La prima volò nelle vicinanze della cometa 19P/Borelly nel 2001, la seconda avvicinandosi alla cometa 81P/Wild nel 2004 riuscì a prelevare alcuni campioni della sua chioma e a riportarli a Terra 2 anni dopo. In quei campioni è stata scoperta nella polvere della cometa Wild la presenza di glicina, uno degli amminoacidi essenziali per la costruzione delle proteine. La terza missione citata (Deep Impact) nel 2005 ha lanciato un blocco di rame contro la cometa 9P/Tempel allo scopo di creare un cratere e studiare la composizione della cometa sotto la sua superficie. Per osservare il cratere creato è stata poi inviata sei anni dopo la sonda Stardust-Next. In seguito tale sonda è stata fatta volare, insieme alla sonda EPOXI, vicino alla cometa 103P/Hartley nel 2010, alla cometa C/2009 P1 (Garradd) nel 2012 e alla cometa C/2012 S1 (ISON) nel 2013. Ma la più ambiziosa delle missioni è Rosetta realizzata allo scopo di inseguire una cometa, entrare in orbita attorno ad essa ed infine atterrare sulla sua superficie. Si pensò a questa missione a partire dal 1970 ma essa fu approvata dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) solo nel Novembre del 1993.
Rosetta è la prima sonda inviata verso una cometa che è dotata di un lander in grado di scendere sulla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko e accompagnarla nel suo viaggio attorno al Sole. La sonda Rosetta è stata costruita da un team industriale formato da ben 50 imprese di 14 Paesi Europei e degli Stati Uniti. Il nome Rosetta ha una ragione ben precisa. Esso deriva dalla Stele di Rosetta, un’antica tavoletta di pietra egiziana risalente al II secolo a.C. ritrovata nei pressi della città egiziana Rashid (Rosetta) sul delta del Nilo nel 1799. La Stele è famosa perché riporta lo stesso testo scritto in tre lingue diverse: antichi geroglifici egiziani, demotico e greco antico. Ciò ha permesso agli archeologi di decifrare i geroglifici per la prima volta fornendo così la chiave per comprendere la civiltà egizia. Come la Stele di Rosetta ci ha permesso di scoprire gli aspetti salienti di questa antica civiltà, allo stesso modo ci si augura che la missione Rosetta possa aiutarci a svelare i misteri dei più antichi mattoni del nostro Sistema Solare.
Ci sono centinaia di comete che orbitano attorno al Sole, perché è stata scelta proprio la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko? Una serie di motivi hanno portato alla scelta di questa cometa. Innanzitutto, tra tutte le comete si è ritenuto vantaggioso sceglierne una di quelle che mostrano un percorso orbitale abbastanza vicino al piano dell’eclittica. Questo permette osservazioni maggiormente prolungate e un atterraggio in linea di principio più semplice. Così in un primo momento è stata scelta la cometa 46P/Wirtanen, ma in seguito, poiché il lancio della sonda fu rinviato per un problema al lanciatore, la scelta è ricaduta sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, Quest’ultima è stata osservata per la prima volta nel 1969 quando diversi astronomi provenienti da Kiev si recarono presso l’Alma-Ata Astrophysical Institute in Kazakhstan per condurre uno studio sulle comete. L’astronomo Kim Churyumov, osservando una foto della cometa 32P/Comas Solà ottenuta da Svetlana Gerasimensko, si accorse della presenza di un altro oggetto cometario. La cometa 67P/C-G è una cometa a corto periodo, ovvero appartiene alla classe di quelle comete caratterizzate da un periodo orbitale minore di 20 anni e da una bassa inclinazione orbitale. Si tratta di comete che durante il loro primo viaggio all’interno del Sistema Solare sono state catturate dall’attrazione gravitazionale di Giove ed immesse in un’orbita più stretta attorno al Sole. Queste comete fanno parte della cosiddetta famiglia di Giove e si crede provengano dalla fascia di Kuiper, una fascia di corpi ghiacciati situata al di là dell’orbita di Nettuno. Alcuni di questi corpi, in seguito a perturbazioni gravitazionali, vengono spinti nella regione interna del Sistema Solare.
L’analisi dell’evoluzione orbitale della cometa mostra che prima del 1940 al perielio la sua distanza dal Sole era pari a 4 UA (600 milioni di km). A questa distanza la cometa era troppo lontana dal calore del Sole per sviluppare una coda e pertanto era inosservabile da Terra. Nel 1940, in seguito ad un incontro ravvicinato con Giove, l’orbita della cometa è cambiata e quest’ultima ha raggiunto al perielio una distanza dal Sole pari a 3 UA (450000 km). Un altro incontro ravvicinato con Giove, nel 1959, ha spostato il perielio della cometa a 1.29 UA, valore che è rimasto grosso modo invariato fino ad oggi. Attualmente essa compie una rivoluzione attorno al Sole in 6,45 anni.
La cometa 67P è classificata come una cometa di polveri (il rapporto polveri gas emessi è 2:1), ha una massa di 1013 kg ed una densità di 0.4 g/cm3 ed è stata osservata dalla Terra ben 7 volte, nel:
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1969 – anno della scoperta;
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1982/83 – anno in cui è stato registrato un picco di polvere di 220 kg al secondo;
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1988/89 – la cometa è stata osservata dagli astronomi dell’osservatorio di Monte Palomar in California, dagli astronomi dell’osservatorio di Manua Kea nelle Hawaii e da quelli dell’Osservatorio Nazionale di Kitt Peak in California.
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1995/96 – la cometa è arrivata alla distanza di 0.9 UA dalla Terra ed è diventata più luminosa della magnitudine 13.
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2002/03 – la Wilde Field Planetary Camera a bordo dell’ Hubble Space Telecope ha ottenuto 61 immagini della cometa cha hanno permesso di stimare una forma ellissoidale del nucleo (smentita poi all’arrivo di Rosetta, come vedremo meglio di seguito). Nello stesso anno è stato registrato un picco di polvere pari a 60 kg al secondo;
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2009 – è stato osservato che, come la maggior parte delle comete, anche nel caso della cometa 67P l’attività al perielio non è distribuita in maniera uniforme ma sono stati registrati getti provenienti da differenti aree attive della cometa. Recenti osservazioni suggerivano che l’inclinazione dell’asse di rotazione della cometa era pari a circa 40°. Ciò vuol dire che quando si avvicina al Sole, l’emisfero Nord della cometa è illuminato mentre quello sud no. In questa situazione i getti di polveri e gas della cometa non sono visibili. E’ possibile osservarli invece un mese prima del perielio. Se la cometa si comporterà nello stesso modo nel prossimo avvicinamento al Sole (2015), si avrà la stessa situazione.
Grazie alla missione Rosetta sono già stati fatti enormi passi avanti sulla conoscenza della struttura della cometa e si è ancora nelle fasi preliminari di analisi dei dati! La sonda è stata lanciata nello spazio da Kourou a bordo di Ariane 5G+ il 2 Marzo 2004 ed ha viaggiato per ben 10 anni nello spazio prima di raggiungere la cometa. Per poter arrivare a destinazione Rosetta ha dovuto effettuare un tragitto complesso sfruttando anche il cosiddetto effetto fionda (gravity assist) da parte della Terra e di Marte. Si tratta di un meccanismo di accelerazione (o eventualmente anche di decelerazione) che sfrutta la gravità di un pianeta o di un corpo presente lungo il suo tragitto per modificare i parametri dinamici della sonda “gratuitamente” per così dire. Una volta lanciata la sonda ha inanellato una serie di orbite che l’hanno portata per ben tre volte ad un incontro ravvicinato (flyby) con la Terra e ad un incontro ravvicinato con Marte. Ogni volta la sonda ha cambiato la sua velocità e la sua traiettoria grazie all’energia del campo gravitazionale di questi due pianeti. Durante i flyby gli scienziati hanno colto l’opportunità di fare osservazioni in contemporanea ad altri veicoli come le sonde Mars Express, ENVISAT e Cluster. Gestire i flyby è piuttosto complesso e ha richiesto mesi di preparazione. Ad esempio nell’incontro ravvicinato con Marte la sonda è passata alla distanza di 250 km dalla superficie del pianeta entrando nella sua ombra per ben 24 minuti. Fu grande il sollievo quando la sonda ricomparve in “ottima salute” dopo il passaggio dietro Marte.
Durante il suo viaggio Rosetta ha incontrato ben due asteroidi. Questi incontri hanno permesso agli scienziati di testare e verificare le prestazioni degli strumenti a bordo della sonda. Il 5 Settembre del 2008 Rosetta è volata alla distanza di 800 km dall’asteroide Steins, un piccolo asteroide di 5 km di diametro. Si è cercato così di catturare immagini e dati attraverso la camera OSIRIS a bordo della sonda. Nel successivo incontro con l’asteroide Lutetia nel Luglio del 2010, Rosetta è stata fatta volare ad una distanza maggiore (pari a 3170 km) in modo che tutto l’asteroide entrasse nel suo campo visivo, la camera a bordo della sonda ha ripreso l’asteroide Lutetia insieme a Saturno. Dalle immagini acquisite si è notato che Lutetia si presenta come un pianetino in miniatura la cui superficie ha subito vari impatti come testimoniato dalla presenza di grandi crateri. Lutetia ha un diametro di 130 km ed a quel tempo era il più grande asteroide mai visto. La superficie di questo asteroide è polverizzata e povera di metalli. Inoltre è stata osservata la presenza di minerali idrati.
Images (from left to right) taken 60, 30 and 3 minutes prior to closest approach showing the different regions of asteroid (21) Lutetia. Credit: ESA 2010 MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/RSSD/INTA/ UPM/ DASP/IDA
La sonda Rosetta è dotata di due grandi pannelli solari molto efficienti costruiti secondo una tecnologia completamente nuova per l’epoca. Ma poiché la sonda si è allontanata dal Sole più di qualsiasi altro veicolo spaziale utilizzato in precedenza, per far sì che l’energia sia sufficiente per mantenere tutti i sistemi del veicolo spaziale operativi, l’8 Giugno 2011 Rosetta è stata “messa a dormire” per ben due anni, sette mesi e dodici giorni: sono stati disabilitati tutti gli strumenti e apparati di supporto ad eccezione del computer di bordo, di alcuni riscaldatori interni fino alle ore 10:00 del 20 Gennaio 2014 giorno stabilito per il risveglio della sonda. La successiva riattivazione è stata sicuramente una delle fasi più critiche dell’intera missione. Il 7 Maggio 2014 sono iniziate le manovre di avvicinamento alla cometa. In totale Rosetta ha compiuto ben 10 manovre per ridurre la sua velocità. L’ultima manovra è stata eseguita il 6 Agosto 2014. Durante il periodo di avvicinamento le camere a bordo della sonda hanno iniziato a risolvere la cometa 67P/C-G. Nel luglio 2014 le immagini catturate dalla sonda hanno rivelato che la cometa ha una forma piuttosto complessa: è formata da due lobi, come una “testa” ed un “corpo” separati da un collo stretto. Ci si rese conto così che l’atterraggio sulla cometa sarebbe stato più difficile di quanto si era immaginato. Ciò ha reso complessa anche la scelta del sito di atterraggio del lander (chiamato Philae dal nome di un’isola dell’antico Egitto): la superficie della cometa presenta, infatti, terreni difficili e rischiosi, pieni di crateri e massi.
La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko vista da Rosetta – Credits: ESA/Rosetta/NAVCAM
La scelta del sito di atterraggio era inoltre complicata da un serie di fattori legati alla temperatura superficiale della regione, che deve essere né troppo calda né troppo fredda per permettere il corretto funzionamento degli strumenti. Dopo un intenso periodo di analisi dettagliate delle varie regioni della cometa e delle capacità del lander durato ben 6 settimane, è stata scelta come sito di atterraggio una regione particolarmente interessante. A tale regione, inizialmente indicata con la lettera J, è stato dato il nome di Agilkia (dall’isola Agilkia situata vicino alle rive del Nilo a sud dell’Egitto). Il sito J è una zona di grande interesse scientifico situata vicino ad una grande depressione sul lobo più piccolo della cometa. Inizialmente erano stati scelti 5 possibili siti di atterraggio indicati con le lettere A, B, C, I e J, ma tra tutti quello meno rischioso era proprio Agilkia, il sito J. Qui la maggior parte del terreno ha pendenze inferiori ai 30° e ci sono relativamente pochi massi di grandi dimensioni. Questa area riceve inoltre un’illuminazione quotidiana sufficiente a ricaricare Philae e far sì che possa continuare le sue operazioni. Il sito di atterraggio è stato scelto dal Landing Site Selection Group (LSSG), un gruppo formato da scienziati e ingegneri del team di Rosetta e del centro di controllo del lander.
Il distacco del lander Philae dalla sonda Rosetta è avvenuto alle ore 9:30 del 12 Novembre. La discesa al sito di atterraggio ha richiesto come previsto 7 ore in cui Philae è caduto sulla superficie lentamente senza l’utilizzo di propulsori.
Durante la discesa, le camere a bordo dell’orbiter e del lander hanno acquisito immagini ed alcuni esperimenti erano già attivi permettendo l’acquisizione di dati. Tutto ciò alla scopo di manovrare e controllare l’atterraggio. Tutto è stato controllato nei minimi dettagli. E’ stato necessario tener conto che la gravità sulla cometa è centomila volte più debole di quella terrestre. Purtropo il malfunzionamento di alcuni sistemi di ancoraggio non ha potuto evitare che il lander rimbalzasse due volte prima di stabilizzarsi in una posizione abbastanza precaria ma che comunque non ha impedito l’utilizzo di alcuni degli strumenti scientifici a bordo. E’ stata una grande emozione assistere al primo atterraggio su una cometa. Philae ha raggiunto la superficie della cometa alle ore 16:30. Circa mezz’ora dopo, quando il segnale è arrivato a Terra, abbiamo visto gioire gli scienziati della missione. Un lander partito da Terra 10 anni fa, progettato ancora prima, dopo aver seguito un percorso complesso nello spazio, è arrivato in “ottima salute” sulla superficie della cometa 67P attualmente alla distanza di 583.565.417 km da noi. E’ un grande risultato per l’Europa e per tutte le persone che hanno ideato, studiato e realizzato questa missione storica. Ora che è atterrato Philae può acquisire immagini panoramiche 3D ad alta risoluzione.
“Philae is on the surface and doing a marvellous job, working very well and we can say we have a very happy lander,” says Paolo Ferri, ESA’s Head of Mission Operations at ESOC – Credits: ESA/Rosetta/Philae/CIVA
Sarà possibile fare misure in loco sulla composizione dei ghiacci della cometa e del materiale organico. Si potrà, inoltre, prelevare ed analizzare campioni dalla profondità di 23 cm. Il lander sarà anche in grado di effettuare misure elettriche e meccaniche della superficie della cometa. Tutti i dati acquisiti da Philae verranno inviati all’orbiter che sarà pronto per trasmetterli a Terra, compatibilmente con le riserve energetiche della batteria di bordo e quelle prodotte dai pannelli solari che purtroppo non possono funzionare a regime a causa della posizione anomala in cui si trova Philae. Il lander continuerà a monitorare le proprietà fisiche e chimiche della superficie della cometa studiando come queste evolvono man mano che la cometa si avvicina al Sole. Per quanto riguarda invece l’orbiter, quest’ultimo, in un primo momento, si manterrà abbastanza vicino al nucleo cometario. A partire da Febbraio 2015, con l’aumento dell’attività cometaria, sarà allontanato dal nucleo cometario per evitare di compromettere il funzionamento della sonda. In questa fase si studierà l’evoluzione della chioma e della coda della cometa. Nel mese di Luglio, Rosetta volerà nelle vicinanze di una regione attiva della cometa. Quest’ultima raggiungerà il perielio nel mese di Agosto 2015 passando alla distanza di 186 milioni di km dal Sole, in una regione compresa tra le orbite di Terra e Marte. In seguito Rosetta seguirà il declino dell’attività cometaria almeno fino alla fine del 2015.
L’orbiter ha dimensioni di 2.8×2.1x2m con due pannelli solari lunghi 14m e contiene ben 11 esperimenti:
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ALICE – Ultraviolet Imaging Spectrometer – si tratta di uno spettrometro che raccoglie dati nel lontano ultravioletto in un range compreso tra 70 e 205 nm allo scopo di studiare la composizione del nucleo e della chioma della cometa. Lungo il tragitto verso la cometa ALICE ha studiato Marte e gli asteroidi Steins e Lutetia;
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CONSERT – Comet Nucleus Sounding Experiment by Radio wave Transmission – è un sistema di trasmissione di onde radio che lavorerà tra l’orbiter e il lander e verrà utilizzato per studiare la composizione del nucleo cometario. CONSERT consiste in un segnale radio che verrà inviato dallo strumento alla superficie del nucleo. La variazione nella propagazione delle onde nelle diverse parti del nucleo cometario permetterà di determinare le proprietà dielettriche dei materiali di cui è composto;
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COSIMA – Cometary Secondary Ion Mass Analyser – si tratta di uno spettrometro di massa di ioni secondari dotato di un collettore di polvere. La polvere dell’ambiente circostante la cometa viene raccolta su un bersaglio. Le particelle di polvere vengono bombardate da ioni di indio e gli ioni secondari prodotti vengono estratti nello spettrometro di massa;
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GIADA – Grain Impact Analyser and Dust Accumulator – misura la velocità, la quantità di moto e la dimensione delle particelle di polvere della chioma cometaria attraverso un sistema di rilevazione ottico e un sensore meccanico che avverte l’impatto delle particelle;
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MIDAS – Micro-Imaging Dust Analysis System – si occupa di analisi microstrutturali delle particelle di polvere basandosi sulla microscopia a forza atomica, una tecnica che permette analisi delle particelle di polvere con una risoluzione spaziale di 4 nm;
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MIRO – Microwave Instrument for the Rosetta Orbiter – si tratta di ricevitori di onde millimetriche che permettono di misurare la temperatura in prossimità della superficie della cometa;
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OSIRIS – Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System – è una camera che lavora nell’ottico, nel vicino infrarosso e nel vicino ultravioletto. E’ formata da un sistema di due telecamere. Una camera è stata progettata per poter ottenere immagini ad alta risoluzione del nucleo cometario. La seconda camera ha invece un campo visivo più ampio che permette l’osservazione di gas e polvere presente al di sopra della superficie del nucleo cometario;
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ROSINA – Rosetta Orbiter Spectrometer for Ion and Neutral Analysis – è formata da due spettrometri di massa ad altissima sensibilità e risoluzione;
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RPC – Rosetta Plasma Consortium – è costituito da 5 strumenti che studiando l’ambiente gassoso che circonda il nucleo cometario:
ICA- Ion Composition Analyser – misura la distribuzione tridimensionale delle velocità degli ioni positivi e la loro distribuzione di massa;
IES – Ion and Electron Sensor – misura simultaneamente il flusso di elettroni e di ioni nel plasma che circonda il nucleo;
LAP – Langmuir Probe – misura la densità, la temperatura e la velocità di flusso del plasma cometario;
MAG – Fluxgate Magnetometer – misura il campo magnetico laddove il vento solare interagisce con il flusso cometario;
MIP – Mutual Impedance Probe – misura la densità degli elettroni, la temperatura e la velocità della parte interna della chioma;
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RSI – Radio Science Investigation – si tratta del sistema di comunicazione tra la sonda Rosetta e la Terra; ü VIRTIS – Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer – è uno strumento costruito parte in Italia parte in Francia, a cui ha contribuito anche il Gruppo di Astrofisica dell’Università del Salento ed è considerato uno degli esperimenti più importanti della missione Rosetta. VIRTIS è uno spettrometro a immagine che lavora nel range spettrale che va dal visibile all’infrarosso ed è costituito da uno spettrometro di risoluzione moderata noto come Mapper optical subsystem o VIRTIS-M (opera italiana, alla cui realizzazione ha contributo il nostro gruppo di Astrofisica) ed uno spettrometro ad alta risoluzione detto High-resolution optical subsystem o VIRTIS-H. VIRTIS-M è formato da due canali uno dei quali lavora nel visibile (tra 0.25 e 1 µm) e l’altro nell’infrarosso (tra 0.95 e 5 µm). VIRTIS-H lavora nell’infrarosso (tra 2.0 e 5.0 µm) ed è invece opera dei francesi.
Gli obiettivi di VIRTIS includono lo studio del nucleo cometario e del suo ambiente, la determinazione della natura dei solidi che compongono la sua superficie, l’identificazione delle specie gassose che circondano il nucleo, lo studio delle condizioni fisiche della chioma ed infine la determinazione della temperatura superficiale del nucleo. Il team di VIRTIS è composto da 48 scienziati provenienti da 28 Istituti di 7 Nazioni. Siamo ancora all’inizio della missione e sono già stati ottenuti 3 milioni di spettri, è stato possibile determinare la temperatura superficiale della cometa ed osservare come tutta la sua superficie è ricoperta da una patina di materiale organico. VIRTIS ha stabilito che la temperatura media della superficie della cometa è di 205 °K ma varia durante il giorno raggiungendo i 230 °K. Grazie allo strumento VIRTIS è stata inoltre rilevata la presenza di monossido di carbonio, biossido di carbonio e tracce di ammoniaca, metano e metanolo. Anche gli altri strumenti a bordo della sonda hanno già iniziato a dare i primi risultati. Nel mese di Luglio lo strumento MIRO ha rilevato che la cometa stava rilasciando piccole quantità di vapore acqueo, circa 300 ml al secondo.
A metà settembre la quantità è aumentata ad un tasso medio di 1 l al secondo. Gli esperimenti RSI e OSIRIS hanno permesso di determinare periodo di rotazione, asse di rotazione, massa, volume e densità del nucleo cometario. COSIMA e GIADA hanno rivelato che le dimensioni dei grani di polvere vanno dai pochi micron a qualche centinaio di micron. COSIMA, studiando la composizione dei grani, ha rilevato in essi la presenza di sodio e magnesio. Così grazie a queste prime misure è stato possibile notare alcune caratteristiche superficiali della cometa 67P/C-G il cui nucleo risulta essere piuttosto scuro, asciutto, polveroso e con una chimica abbastanza complessa. Ma abbiamo ancora tanto da imparare e questo sarà possibile grazie anche agli esperimenti del lander.
Il lander Philae ha dimensioni di 1x1x1m e contiene 10 esperimenti:
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APXS – Alpha-p-X-ray spectrometer – è uno spettrometro il cui obiettivo è quello di studiare la composizione chimica del sito di atterraggio e come questa varia all’avvicinarsi al Sole;
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CIVA – Panoramic and microscopic imaging system – un sistema di 6 microcamere che scatteranno foto panoramiche della superficie della cometa. Inoltre uno spettrometro studierà la composizione, la struttura e l’albedo dei campioni prelevati dalla superficie;
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CONSERT – Radio sounding, nucleus tomography – un esperimento che opera tra il lander e l’orbiter di cui si è parlato prima;
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COSAC – Evolved gas analyser – elemental and molecular composition – mira allo studio della composizione della componente volatile del materiale cometario mediante misure in situ;
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PTOLEMY – Evolved gas analyser – isotopic composition – utilizzerà tecniche di gascromatografia e spettrometria di massa per studiare la composizione della cometa sopra e sotto la sua superficie;
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MUPUS – MUlti-PUrpose Sensors for Surface and Sub-Surface Science – si tratta di sensori realizzati allo scopo di comprendere le proprietà de materiali che compongono gli strati superficiali del nucleo cometario e fornire una mappa termica;
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ROLIS – Rosetta Lander Imaging System – è una camera che fornirà immagini durante l’atterraggio del lander;
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ROMAP – Rosetta Lander Magnetometer and Plasma Monitor – si tratta di un sensore in grado di misurare il campo magnetico;
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SD2 – Drilling and sample retrieval – è un sistema che permette di prelevare i campioni da una profondità di 250 mm e li trasporta nei diversi strumenti;
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SESAME – Surface Electric Sounding and Acoustic Monitoring Experiment – aiuterà a comprendere come le comete si sono formate ed è formato da tre differenti parti:
SESAME/CASSE – Surface Electric Sounding and Acoustic Monitoring Experiment / Comet Acoustic Surface Sounding Experiment;
SESAME/DIM – Surface Electric Sounding and Acoustic Monitoring Experiment / Dust Impact Monitor;
SESAME/PP – Surface Electric Sounding and Acoustic Monitoring Experiment / Permittivity Probe. Complessivamente tutti gli esperimenti si propongono di studiare l’ambiente all’interno ed all’esterno della cometa.
Si tratta di una missione unica, per la prima volta siamo atterrati su una cometa e ora abbiamo la possibilità di studiare questi oggetti come mai è stato possibile fino ad ora. Speriamo di riuscire a svelare i segreti più profondi che questi oggetti ci nascondono.
Per la prima volta su una cometa. Rosetta nella storia dell’esplorazione spaziale, Parte II – Giulia Alemanno
Era il 6 Agosto 2014 quando la sonda Rosetta ha compiuto l’ultima manovra di avvicinamento alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ponendosi a circa 100 km dalla superficie del nucleo cometario (a cui si è poi ulteriormente avvicinata per permettere l'”accometaggio” di Philae) ed è tempo di analizzare i primi risultati scientifici. Nel precedente articolo abbiamo visto nel dettaglio la storia della missione Rosetta, il suo viaggio verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko; abbiamo seguito le varie tappe della discesa del lander Philae sulla superficie della cometa ed analizzato gli esperimenti a bordo dell’orbiter e del lander. Qui vedremo i primi ed importanti risultati ottenuti da Rosetta. Recentemente (il 23 Gennaio 2015) sono stati pubblicati, infatti, in un’edizione speciale della prestigiosa rivista Science, i primi lavori relativi a 7 degli 11 esperimenti a bordo dell’orbiter Rosetta. Ricordiamo brevemente che tali esperimenti sono:
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ALICE – uno spettrometro a immagine che lavora nell’ultravioletto;
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CONSERT – un sistema di trasmissione a onde radio che studia la composizione del nucleo cometario;
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COSIMA – uno spettrometro di massa progettato con lo scopo di studiare la composizione della polvere cometaria;
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GIADA – un sistema dotato di un rivelatore ottico ed un sensore meccanico che studiano caratteristiche delle particelle di polvere quali velocità, quantità di moto e dimensione;
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MIDAS – un sistema che si occupa di analisi microstrutturali delle particelle di polvere;
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MIRO – ricevitori di microonde in grado di misurare la temperatura in prossimità della superficie della cometa.
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OSIRIS – una camera che lavora nell’ottico, nel vicino infrarosso e nel vicino ultravioletto;
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ROSINA – dotata di due spettrometri di massa per l’analisi degli ioni cometari;
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RPC – costituita da 5 sensori che studiano l’ambiente cometario;
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RSI – che gestisce le comunicazioni tra l’orbiter e il lander Philae;
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VIRTIS – uno degli esperimenti più importanti della missione Rosetta alla cui realizzazione ha contribuito il gruppo di Astrofisica dell’Università del Salento. Si tratta di uno spettrometro che lavora nel visibile e nel vicino infrarosso con l’obiettivo di studiare la composizione del nucleo cometario e riconoscere quali sono i solidi che compongono la sua superficie. Grazie a VIRTIS sono stati ottenuti, come vedremo a breve, risultati importanti per la comprensione della natura della cometa.
Già durante l’avvicinamento di Rosetta alla cometa, grazie alle immagini scattate dalla camera OSIRIS, è stato possibile notare che la cometa è formata da due lobi. Analisi più dettagliate hanno permesso poi di determinare la dimensione di ogni lobo: il più piccolo misura 2.6×2.3×1.8km invece il lobo più grande misura 4.1×3.3×1.8km. Inoltre, è stato ottenuto il volume totale della cometa pari a 21.4km3. Lo strumento RSI ha poi misurato la massa del nucleo cometario che risulta essere pari a ben 10 miliardi di tonnellate. Da ciò si deduce che la densità del nucleo della cometa è pari a 470kg/m3. Supponendo che globalmente la cometa sia costituita prevalentemente da ghiaccio d’acqua e polvere con una densità di 1500-2000kg/m3, se ne deduce che la cometa ha una struttura interna costituita da ghiaccio legato in maniera piuttosto debole a mucchi di polvere con piccoli spazi vuoti tra loro. La cometa risulta pertanto avere un’elevata porosità del 70-80%.
La camera OSIRIS ha permesso poi di suddividere parte della superficie della cometa in 19 regioni separate da confini ben distinti dal punto di vista geomorfologico. Queste regioni coprono il 70% della superficie cometaria e sono state indicate con i nomi di alcune divinità egiziane. Tutto ciò per mantenere il tema egiziano. Ricordiamo infatti che il nome Rosetta deriva dall’antica Stele ritrovata nei pressi della città egiziana Rashid (Rosetta) sul delta del Nilo nel 1799 che ha permesso di decifrare per la prima volta i geroglifici fornendo la chiave per comprendere l’antica civiltà. Allo stesso modo ci si augura che questa missione ci permetta di comprendere la struttura dei più antichi mattoni dell’universo: le nostre comete.
L’immagine rilasciata dall’ESA il 22 Gennaio 2015, mostra le 19 regioni in cui è stato suddiviso il 70% della superficie della cometa 67P/C-G a seconda della caratteristiche geomorfologiche del terreno di cui sono costituite.
Le regioni in cui è stata suddivisa la superficie del nucleo cometario possono essere raggruppate in 5 differenti categorie in base al tipo di terreno da cui sono costituite. Vi sono superfici ricoperte da spessi strati di polveri come quelle delle regioni Ma’at, Ash e Babi e superfici maggiormente consolidate dette appunto ‘rock-like’, vale a dire ‘simili alla roccia’ (Maftet, Bastet, Serqet; Hathor, Anuket, Khepry, Aker, Atum e Apis); poi vi è Seth una regione costituita da materiali fragili che presenta pozzi e strutture circolari; le regioni Hatmehit, Nut e Aten che presentano depressioni su larga scala ed infine le regioni Hapi, Imhotep e Anubis costituite da terreni lisci. Il restante 30% della superficie della cometa non è stato ancora studiato nel dettaglio poiché non ha ricevuto un’illuminazione solare sufficiente per poter essere osservato accuratamente dagli strumenti di Rosetta.
Dai dati ottenuti è quindi emerso che gran parte dell’emisfero settentrionale della cometa è ricoperto da polvere. Il ricoprimento di polvere raggiunge diversi metri di spessore in alcune regioni della cometa. Secondo analisi condotte dall’esperimento MIRO la polvere gioca un ruolo importante nell’isolare l’interno della cometa proteggendo così i ghiacci lì situati.
Durante il periodo di avvicinamento al Sole la cometa subisce un crescente riscaldamento, pertanto in queste regioni le sostanze volatili evaporano direttamente andando a formare l’atmosfera o chioma della cometa e la polvere viene trascinata via con tali sostanze a velocità inferiori. Le particelle che non sono sufficientemente veloci non riescono a sfuggire all’attrazione gravitazionale del nucleo cometario pertanto tornano a depositarsi su di esso. Sono state inoltre osservate altre regioni attive della cometa. Gas sembrano fuoriuscire anche da ‘pozzi’ della cometa. Tali gas giocano un ruolo importante nel trasporto della polvere creando increspature simili a dune in corrispondenza di massi che ostacolano la direzione del flusso di gas.
Immagine ottenuta dalla camera OSIRIS che mostra una zona attiva nella regione Seth della cometa 67P/C-G. Aumentando il contrasto si possono notare, nell’immagine a destra, jet sottili di gas che fuoriescono dalla fossa. Credits: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA.
La cometa presenta inoltre delle particolari strutture superficiali grumose chiamate quasi in tono scherzoso ‘goosebumps’, ovvero ‘pelle d’oca’ in riferimento alla forma ad anatra della cometa. L’origine di queste strutture non è ancora nota con certezza ma comunque si pensa potrebbero essere importanti per comprendere i processi in atto durante la formazione della cometa. Un’ipotesi avanzata è quella in base alla quale queste strutture hanno avuto origine dall’aggregazione di gas e polvere che in un primo momento ha portato alla formazione di piccoli sassolini. Questi ultimi, con il passare del tempo, accrescendosi hanno raggiunto le dimensioni dei ‘goosebumps’ osservati.
Primi piani di strutture denominate ‘goosebumps’ ottenute dalla narrow-angle camera di OSIRIS. Queste strutture, che coprono distanze superiori ai 100 m, non hanno ancora un’origine nota. Credits: ESA
Per quanto riguarda lo studio della superficie del nucleo cometario un primo risultato sorprendente è stato ottenuto dall’esperimento VIRTIS. Grazie allo spettrometro VIRTIS è stato possibile misurare l’albedo della cometa, ovvero la frazione di luce solare che viene riflessa dal nucleo cometario. Il nucleo della cometa 67P/C-G ha un’albedo pari al 6%, cioè pari alla meta di quella della Luna, ed è pertanto uno degli oggetti più scuri del nostro Sistema Solare. Questo dato cosa ci rivela? Il basso potere riflettente della superficie del nucleo della cometa indica che essa contiene minerali quali ad esempio solfuri di ferro ma anche composti di carbonio.
La bassa albedo è, inoltre, indice di una scarsa quantità di ghiaccio d’acqua sul guscio esterno della cometa, guscio dello spessore di un millimetro. Secondo il team di VIRTIS, questa minor quantità di ghiaccio d’acqua sulla superficie del nucleo cometario è strettamente connessa con la storia geologica della cometa. Poiché quest’ultima passa ripetutamente nella vicinanze del Sole (la cometa 67P/C-G è una cometa a corto periodo orbitale, attualmente il suo periodo orbitale è pari circa a 6,45 anni), con il trascorrere del tempo il ghiaccio superficiale è andato incontro a processi di sublimazione diminuendo di volta in volta.
Tuttavia la superficie della cometa non è completamente priva di ghiaccio ma sono state osservate piccole regioni più luminose. Generalmente queste regioni sono associate a superfici ricche di ghiaccio esposte in seguito al collasso di materiale più debole che ha lasciato scoperto lo strato sottostante. Ad esempio è stata osservata una crepa lunga 500m che si estende tra i due lobi della cometa.
Immagini della grande crepa lunga 500m che si estende tra i lobi e attraversa la regione Hapi e si estende oltre in Anuket. Le immagini sono state ottenuti dalla camera OSIRIS. Credits: ESA
Un altro risultato sorprendente ottenuto dall’esperimento VIRTIS è la scoperta di composti organici macromolecolari su tutta la superficie del nucleo cometario. Questi composti, rivelati grazie ad osservazioni nell’infrarosso, sono simili agli acidi carbossilici (o ai polimeri carbossilici) che compongono gli amminoacidi. Gli amminoacidi, che costituiscono i ‘mattoni della vita’ (essi infatti formano le proteine che compongono il nostro organismo), erano già stati osservati in meteore e meteoriti ma questa è la prima volta che vengono osservati direttamente su un nucleo cometario!
Analizzando la distribuzione di tali composti organici è stato inoltre possibile dedurre che essi erano presenti in quantità abbondanti nel materiale che forma il nucleo della cometa. Questi composti per avere origine necessitano di metanolo, metano o monossido di carbonio che congelano a temperature piuttosto basse. Ciò indica, come spiega Fabrizio Capaccioni (PI, Principal Investigator, dell’esperimento VIRTIS), che questi composti hanno probabilmente avuto origine a grandi distanze dal nostro Sole, durante le prime fasi di formazione del Sistema Solare. La cometa 67P/C-G contiene quindi al suo interno tracce di composti organici che risalgono al periodo di formazione del nostro Sistema Solare o forse ad ancora prima!
In alto a sinistra, un’immagine del nucleo della cometa 67 P/C-G ottenuta dalla fotocamera di navigazione (NAVCAM) di Rosetta. Nell’altra immagine, una mappa della pendenza spettrale della superficie del nucleo cometario. La pendenza spettrale è un parametro che viene utilizzato per ottenere informazioni sul materiale che compone la superficie della cometa. Il blu indica una bassa pendenza spettrale e predomina nella regione del ‘collo’ della cometa. Tale regione ha al momento mostrato una maggiore attività cometaria e quindi una maggiore emissione di gas e polveri. Credit: ESA / Rosetta / NAVCAM (a sinistra); ESA / Rosetta / VIRTIS / INAF-IAPS / OBS DE PARIS-LESIA / DLR (a destra e in basso)
Gli strumenti di Rosetta osservano inoltre lo sviluppo dell’attività cometaria al diminuire della distanza della cometa 67P/C-G dal Sole. In particolare si intende studiare la variazione nella quantità e composizione del gas e della polvere emessa dal nucleo cometario all’avvicinarsi di quest’ultimo al Sole. Attualmente la sonda Rosetta si trova alla distanza di circa 367000000 km dal Sole e 51200000 km dalla Terra. E’ possibile seguire giorno per giorno la sonda Rosetta a questo link.
Nel corso di questi ultimi mesi le misurazioni effettuate grazie allo strumento MIRO hanno mostrato un aumento del tasso di produzione globale di vapore acqueo della cometa. Dai primi di Giugno alla fine di Agosto 2014 tale tasso è passato da 0,3 a 1,2 litri al secondo. MIRO ha anche scoperto che una porzione sostanziale d’acqua proviene dal collo della cometa. Inoltre l’acqua è accompagnata da altre specie di gas quali monossido di carbonio e biossido di carbonio. Guardando le comete attraverso i telescopi la chioma della cometa è sempre apparsa come una struttura abbastanza uniforme che non subisce variazioni nel giro di poche ore o giorni. Grazie allo strumento ROSINA è stato possibile notare, con grande sorpresa, che la cometa 67P/C-G presenta una chioma che non solo non è distribuita uniformemente nell’intorno del nucleo cometario, ma anche che subisce grandi fluttuazioni nella composizione in brevi intervalli di tempo. Lo spettrometro ROSINA ha rivelato un’alternanza tra picchi di emissione d’acqua e picchi di emissione di anidride carbonica in poche ore. Questa variazione può essere associata a effetti stagionali probabilmente connessi a variazioni nella temperatura appena sotto la superficie del nucleo cometario. I dati mostrano che complessivamente domina l’emissione d’acqua ma ci sono periodi in cui l’emissione di CO e CO2 predomina su quella di H2O. Ci hanno insegnato che le comete sono costituite prevalentemente da ghiaccio ma i dati provenienti dalla cometa 67P/C-G ci stupiscono ancora una volta: questa cometa sembra contenere grandi quantità di anidride carbonica.
Immagine che mostra la composizione eterogenea della chioma della cometa 67P/C-G. La regione rossa è dominata da CO e CO2 e corrisponde ad una zona della cometa che attualmente riceve poca luce dal Sole. Credit: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/ IDA.
Unendo le misurazioni ottenute grazie agli strumenti MIRO, ROSINA e GIADA, tra Luglio e Settembre 2014, gli scienziati del team di Rosetta hanno ricavato una prima stima del rapporto tra polvere e gas emessi dalla cometa ottenendo che quest’ultima sembra emettere una quantità di polvere 4 volte superiore a quella del gas. Tuttavia ci si aspetta che questo valore vari con il diminuire della distanza della cometa dal Sole. Quest’ultima scaldandosi ulteriormente potrebbe aumentare la quantità di ghiacci espulsi rispetto a quella della polvere.
GIADA ha inoltre studiato il movimento dei grani di polvere attorno alla cometa. Unendo i dati ottenuti da GIADA con le immagini di OSIRIS è stato possibile individuare due differenti popolazioni di polveri di grani: una uscente e diretta nella direzione dell’orbiter; l’altra orbitante attorno alla cometa alla distanza di 130 km da Rosetta. Si pensa che anche questa situazione cambierà con l’avvicinarsi della cometa alla nostra stella. La chioma di gas e polvere continuerà a crescere e aumenteranno le interazioni con le particelle cariche del vento solare e con la luce ultravioletta del Sole. Tali interazioni porteranno allo sviluppo di una ionosfera della cometa e alla fine di una magnetosfera secondo il meccanismo descritto di seguito. Gli strumenti RPC studiano l’evoluzione graduale di questi fattori nelle vicinanze della cometa. E’ stato già possibile fare importanti osservazioni. E’ stato osservato che l’atmosfera della cometa interagisce con il vento solare in questa prima fase più di quanto si era pensato. Man mano che la cometa si avvicinerà al Sole si avrà lo sviluppo di una magnetosfera ben consolidata in grado di creare quindi un ‘bow shock’, ovvero un’onda d’urto a forma di arco, che blocca il vento solare.
L’immagine mostra il meccanismo di formazione della magnetosfera. In figura 1 viene mostrata la cometa in avvicinamento al Sole, questo avvicinamento provoca (come si può notare in figura 2) la sublimazione delle molecole d’acqua del nucleo cometario. Tali molecole interagiscono con la luce ultravioletta del Sole e vengono ionizzate (figura 3). Gli ioni appena formatisi vengono accelerati dal campo elettrico del vento solare e vengono rivelati dalla strumento RPC-ICA (figura 4). Il vento solare accelera gli ioni d’acqua in una direzione ma viene esso stesso deviato nella direzione opposta (figura 5). Questo effetto si accentuerà con l’avvicinarsi della cometa al Sole fino a portare alla formazione di una magnetosfera in grado di proteggere la cometa dall’interazione diretta con il Sole (figura 6). Credits: ESA/Rosetta/RPC-ICA.
Gli esperimenti a bordo di Rosetta hanno rivelato che la cometa 67P/C-G presenta diverse caratteristiche superficiali e molti processi che contribuiscono alla sua attività. Sono già stati raggiunti importanti risultati nello studio di questa cometa ma c’è ancora molto altro da scoprire. Sappiamo ad esempio che la cometa è composta da due lobi, lobi che stando alle prime misurazioni sembrano essere molto simili per composizione. Ciò favorisce l’ipotesi secondo cui la cometa ha avuto origine dall’erosione di un corpo più grande. Tuttavia non si può ancora escludere la seconda ipotesi, ovvero quella secondo la quale la cometa si è formata dalla fusione di due comete che hanno avuto origine nella stessa zona del Sistema Solare. Solo il tempo e i nuovi dati che saranno ottenuti dagli strumenti a bordo di Rosetta potranno svelarci il mistero e aiutarci a comprendere molto altro ancora su questi straordinari oggetti del Sistema Solare.
Riepilogo delle proprietà della cometa 67P/C-G ottenute grazie agli esperimenti dell’orbiter Rosetta. Immagine rilasciata dall’ESA il 22 Gennaio 2015. I dati mostrati in figura sono descritti in dettaglio negli articoli pubblicati sulla rivista Science 23 January 2015, vol 347, issue 6220 .