La bellezza del paesaggio è sicuramente la risorsa che sostiene l’industria turistica salentina. Lo dimostra un’indagine promossa dalla Amministrazione Provinciale nel 2005: l’85% dei turisti che ogni estate si riversano nel Salento sono attratti dalla bellezza delle sue coste. Questo vuol dire che qualsiasi intervento venga realizzato sul territorio salentino per incentivare il turismo dovrebbe quanto meno lasciare inalterato il paesaggio o, meglio, aumentarne la qualità.
Tra i luoghi più suggestivi del perimetro costiero salentino merita un posto speciale l’insenatura del Ciolo, posta nel territorio amministrativo di Gagliano del Capo. Probabilmente 220 mila anni fa, un corso d’acqua ha inciso, lungo questo tratto di costa, il substrato roccioso, modellando una stretta forra delimitata da pareti subverticali. Il corso d’acqua è scomparso, inghiottito dall’abisso del tempo geologico, ma quella stretta e profonda incisione è rimasta come una cicatrice indelebile nel paesaggio della regione. Un luogo suggestivo ed interessante perché su quelle pareti ripide si svela un prezioso libro geologico che racconta la storia di una scogliera corallina sviluppatasi oltre 5 milioni di anni fa, unica nell’area adriatica, l’ultima prima che il Mediterraneo si prosciugasse per lasciare il posto ad una enorme piana salata. Un luogo bellissimo e interessante ma purtroppo pericoloso.
Osservando attentamente le rocce, sono evidenti le vestigia delle antiche barriere coralline di epoca Oligocenica e Messiniana
Negli ultimi 10.000 anni i processi carsici hanno lentamente ampliato la fitta rete di fratture presenti nel substrato roccioso, isolando lungo le pareti dei blocchi rocciosi di grosse dimensioni che sotto l’azione della gravità finiscono per cadere sul fondo della stretta incisione. Non è un caso che questa sia ingombra di blocchi rocciosi di grosse dimensioni. Un processo naturale, lento ma inesorabile. La pericolosità del luogo è stata scoperta recentemente anche dalle Istituzioni che ne hanno sancito l’elevata pericolosità sia geomorfologica che idraulica, cioè l’elevata probabilità che il crollo di blocchi o di una improvvisa riattivazione del corso d’acqua possa potenzialmente produrre danni a persone e cose.
Insomma, la stretta forra (o gola) del Ciolo è pericolosa come tanti altri luoghi suggestivi del Salento, la falesia di Porto Miggiano (Comune di Santa Cesarea Terme), quella di Sant’Andrea (Comune di Melendugno), quella di Punta Ristola (Comune di Castrignano del Capo), solo per citarne alcuni.
Un luogo pericoloso va rispettato per evitare che si trasformi in un luogo a rischio, cioè in un luogo in cui nel caso di un evento naturale (nel nostro caso una frana o una inondazione) vengano a prodursi realmente dei danni a persone e cose. Al Ciolo questa semplice regola di buon senso non è stata rispettata. Incuranti o incoscienti del pericolo, i nostri nonni hanno realizzato delle abitazioni al piede delle alte pareti rocciose come altrettanto incuranti o incoscienti del pericolo, numerosi turisti e persone locali frequentano da sempre la piccola insenatura del Ciolo. Il risultato è drammatico: mettete persone e cose in una zona ad elevata pericolosità ed otterrete una zona ad elevato rischio!
Si potrebbe obiettare che i tempi geologici con cui si svolge la naturale evoluzione geomorfologica del paesaggio rende i fenomeni di crollo e/o di eventuale inondazione molto rari e che tutto sommato il rischio è cosi basso da poter essere trascurato. Di certo i fenomeni di crollo lungo le ripide pareti che delimitano la forra del Ciolo sono rari e probabilmente si sono verificati in prevalenza durante terremoti.
Anche in questo caso molti tireranno un sospiro di sollievo pensando al basso grado di sismicità della regione magari ignorando che a poche decine di chilometri, sulla costa orientale del Canale d’Otranto, si trova una delle maggiori zone sismiche del Mediterraneo e ignorando ancora che un ultimo terremoto disastroso con epicentro a soli 50 km a SSE di Otranto si è verificato solo tre secoli fa, il 20 febbraio del 1743.
Terremoti di magnitudine maggiore di 3 nel periodo 1973–2007 (USGS–NEIC)
Terremoto del 26 Gennaio 2014, chiaramente avvertito in molte località salentine (Gagliano del Capo compreso), del Brindisino e su fino alla provincia di Bari
Mettiamola così: la frequentazione e l’urbanizzazione nell’area del Ciolo è come una pistola con il colpo in canna in attesa che qualcuno prema il grilletto. Una gigantesca roulette russa che ha come teatro il tempo geologico!
Informati ora della situazione di rischio presente nella forra del Ciolo siamo al momento delle scelte. Che fare? Quali strategie mettere in campo per mitigare o meglio annullare il rischio geologico in quest’area? La risposta tradizionale a questi problemi è semplice: utilizziamo la nostra tecnica per bloccare la naturale evoluzione del paesaggio che contrasta in maniera palese con la nostra volontà di usufruire della bellezza di quel luogo così suggestivo. Imbrigliamo allora i ripidi versanti in frana avvolgendoli in robuste reti metalliche, inchiodiamo i blocchi in equilibrio precario ed il gioco è presto fatto: avremo stabilizzato i versanti per un tempo sufficientemente lungo da garantire una sicura fruizione dei luoghi alla nostra generazione ed a quelle a venire.
In realtà questa soluzione non è del tutto indolore. Prima di tutto la collettività si deve far carico di un impegno economico di certo non trascurabile (per il Ciolo le opere previste per la mitigazione del rischio ammontano a 1.500.000 euro) e poi si deve in qualche modo accettare il rischio che gli interventi possano deturpare in maniera pesante la bellezza del paesaggio.
E qui si entra in un circolo infernale: gli interventi che vengono realizzati perché si possa godere in sicurezza di un luogo di eccezionale bellezza naturalistica rendono il luogo sicuro ma brutto, e quindi non più frequentato dai turisti che andranno altrove a godersi luoghi di altrettanta incomparabile bellezza!
A dirla proprio tutta gli interventi progettati per il Ciolo non ridurranno a zero il rischio geologico. Sarà infatti praticamente impossibile ammantare di reti tutti i versanti e si opererà solo sulle situazioni che i tecnici hanno ritenuto di maggiore instabilità. Il rischio idraulico sul fondo della forra rimarrà tale e quale: in caso di un rovescio improvviso nulla impedirà all’onda di piena di portare via tutto e tutti. E da appassionato studioso degli effetti morfologici di maremoti storici lungo la costa pugliese ci aggiungerei il potere devastante di un maremoto, anche di piccola entità, in una insenatura così stretta e incassata come quella del Ciolo. Possibilità questa tutt’altro che remota. (Per saperne di più essendo il Ciolo una delle località già colpite in passato)
Mareggiata di Scirocco nell’insenatura del Ciolo. Nonostante l’aspetto inquietante, queste onde sono ben poca cosa rispetto ad un’onda di maremoto che molto probabilmente scavalcherebbe le rocce sullo sfondo
L’insenatura del Ciolo e lo stretto passaggio sullo sfondo trasformerebbero, per Effetto Venturi, un’eventuale onda di maremoto, già di suo mostruosa, in un micidiale e devastante muro d’acqua che si abbatterebbe sulla costa con velocità superiore ai 90km/h . L’intera spiaggetta del Ciolo diventerebbe una trappola mortale senza alcuna possibilità di fuga
Rimangono, inoltre, tutti i rischi legati alla presenza dell’immenso ponte stradale da cui possono essere lanciate per gioco pietre e bottiglie di birra, possono saltare fortuitamente pezzi di automobile e, come purtroppo la storia recente insegna, precipitarsi interi pullman turistici. Eventi sempre rari ma forse statisticamente più rilevanti di terremoti, alluvioni e maremoti.
Insomma, la risposta tradizionale al problema del rischio geologico del Ciolo, pur costosa, da una parte non mitigherà significativamente la situazione di rischio, dall’altra minaccerà inesorabilmente la bellezza naturale dei luoghi.
Alla luce di queste considerazioni mi permetto quindi di avanzare una proposta alternativa: facciamo un passo indietro per andare con sicurezza in avanti. Rispettiamo l’evoluzione naturale del paesaggio facendo divenire il Ciolo un luogo ancor più bello e solo pericoloso. Utilizziamo le risorse economiche a disposizione per azzerare il rischio geologico facendo un passo indietro, riparando cioè agli errori del passato.
Se i nostri antenati incoscienti e/o incuranti del pericolo hanno costruito delle abitazioni ai piedi di un’alta parete interessata da fenomeni di crollo, noi figli illuminati del terzo millennio acquistiamo le case per poi demolirle e ripristinare l’ambiente naturale. Il prossimo blocco crollerà su di un cespuglio di timo liberando un’esplosione di pungente profumo nell’aria.
Se nei mesi estivi le persone locali e i turisti, in maniera inconsciente e/o incurante, frequentano la piccola insenatura sotto il ponte o peggio si inoltrano all’interno della forra, noi figli illuminati di questa terra li prenderemo per mano invitandoli a fare il bagno un po’ più avanti, oltre il ponte, dove avremo preparato una comoda discesa al mare e un’area di sosta confortevole. E durante il breve tragitto potremo raccontare loro le affascinanti vicende di un corso d’acqua inghiottito dal tempo geologico e della meravigliosa storia geologica scritta su quelle pareti pericolosamente in frana. Giunti sulla piazzola, mentre si prepareranno a gustare l’abbraccio con le acque cristalline al sicuro di blocchi che franano, acque che scorrono, bottiglie che volano, li saluteremo con il sorriso orgoglioso di un popolo che ha salvato con intelligenza, coraggio ed amore la propria bellissima terra.
Paolo Sansò – 2014